Sul Corso Garibaldi, gli attori Michelangelo Fetto e Tonino Intorcia fanno rivivere i tragici giorni del 1943, raccontando le storie di alcune vittime, raccogliendo le testimonianze dei loro parenti, facendo ascoltare il rombo delle incursioni aeree. Lo storico Erminio Fonzo, docente all’Università di Salerno, spiega il contesto. Per le duemila vittime di Benevento, cadute sotto le bombe degli alleati, il comune ha istituito per il 29 settembre, il “Giorno del Ricordo”, su richiesta di un gruppo di cittadini e di consiglieri comunali.
Nell’estate di 81 anni fa, la guerra è lontana da Benevento, perché qui non si combatte. Ma il 10 luglio gli anglo americani sbarcano in Sicilia e a Salerno. Il primo bombardamento colpisce la città il 20 agosto, provocando 140 morti. Con l’armistizio dell’8 settembre si crede che la guerra sia finita. “Proprio allora – dice Fonzo- ai tedeschi viene impartito l’Ordine Nerone (Nero Befehl): devono fare ovunque terra bruciata. Per fermarli, gli alleati colpiscono duramente tutta l’Italia Meridionale”.
L’incursione più terribile su Benevento avviene l’11 settembre. Dall’alto vengono sganciate 240 bombe di 500 libbre ciascuna. Si parla di duemila vittime, ma non si conosce il numero esatto, perché “manca un’autorità che conta i morti”. Perché Benevento fu bombardata? “L’Italia -fa sapere Fonzo- aveva dichiarato guerra agli angloamericani, Mussolini pensa di sfruttare i successi dei tedeschi, che stanno già qui come alleati, chiamati dai fascisti. Poi diventano invasori e sfogano la loro barbarie contro di noi”.
Quei morti di Benevento, le distruzioni, le macerie sono il frutto del fascismo. “Le bombe del 20 agosto -ricorda lo storico Simon Pocock in collegamento da Londra- caddero sulla zona ferroviaria, dove c’erano 4 convogli in attesa di coincidenza. I macchinisti non fecero in tempo a spostarsi. Il sottopassaggio fu invaso da un fiume di fuoco. Fu un’ecatombe. Tra le vittime la mamma e la sorella di Laura Alberti, classe 1929. I bombardamenti terminarono il primo ottobre, un giorno prima dell’arrivo degli americani”.
Per la memoria c’è anche una piccola mostra fotografica. Il racconto di Fetto e Intorcia si sofferma sulla tremenda fine di Luigi Ricciardi e Tonina Ferrelli. “Le guerre -conclude Pocock- che sono decise dai politici, non dai generali, continuano a fare vittime civili in tutto il mondo, dall’ Ucraina alla Palestina, da Israele al Libano. Il loro combustibile è la mancanza di tolleranza verso le diversità. Noi occidentali ci vantiamo di essere portatori di modelli di pace e democrazia, ma siamo tra gli esportatori di armi micidiali e di ipocrisia. Impariamo dal passato. Abbiamo paura della guerra, non della pace”.
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