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La favola di un padre zappatore e cinque figli al Mulino Pacifico - Uno scoppiettante Antimo Casertano tra la Sicilia e Napoli
 

sab 08-03-2025 16:58 n.569, a.e.

La favola di un padre zappatore e cinque figli al Mulino Pacifico

Uno scoppiettante Antimo Casertano tra la Sicilia e Napoli


Un padre vuole far camminare sempre la famiglia sulla retta via dei buoni sentimenti. A maggiore ragione se è zappatore.Per lui contano molto l’onestà e l’importanza di guadagnarsi un tozzo di pane col proprio sudore. Questo il filo conduttore dello spettacolo “I cinque figli”, liberamente tratto da “Lo Cunto de li Cunti” di Giambattista Basile, interpretato e diretto dall’attore napoletano Antimo Casertano, portato in scena al Mulino Pacifico nell’ambito della rassegna teatrale della Solot.

Il protagonista è Pacione, che vive in paesino della Sicilia, dove possiede un pezzo di terra, da cui trae sostentamento per sé ed i cinque figli, tutti maschi. Passa il tempo e lo zappatore invecchia. Quell’angolo dove è nato rappresenta per lui tutto il mondo. I figli crescono e dovranno vedere cosa fare per campare. Un giorno li convoca e li invita ad andare a cercare un lavoro, Ma le strade percorse sono irte di pericoli. Quando, dopo un anno tornano a casa, chi è diventato ladro, chi barcaiolo e chi trafficante di droga.

Un giorno arriva l’occasione per un riscatto e dare una svolta alla loro vita. C’è da liberare la figlia del re di Sardegna, rapita dall’orco. Chi riuscirà nell’impresa se la potrà sposare e diventerà ricco. La vicenda si srotola come le vele della barca che costruiscono. L’attore Casertano veste i panni di tutti i personaggi coi loro dialetti, cambi di voce, gustosi gorgheggi, graffiante ironia. Il padre ed i figli remano verso la meta all’unisono. Qualcuno li scambia per africani che vanno a togliere il lavoro a quelli della Sardegna.

La scenografia è essenziale, impreziosita dalle musiche di Gianluca Pompilio. Il lungo giro per il mare e le tante isole ricompatta ancor di più la famiglia. Scoprono che l’orco cattivo si è rintanato a Nisida, presso Bagnoli, nella città di Napoli. Lo trovano e lo uccidono accecandolo, alla maniera di Polifemo. Il mostro, sconvolto e “‘mpappagalluto”,  li maledirà: “Vui e Roberto Saviano ‘ata passà tanta guai”. Mentre il re di Sardegna è contento per la liberazione di Cianna, sua figlia, che darà in sposa proprio a Pacione.

I giovani si meravigliano della scelta. Si sono dati tanto da fare. Ma poi hanno cominciato a litigare. Ognuno voleva per sé la bella ragazza. Così Luccio, Tittillo, Renzone, Jacopo e Menicuccio, accettarono il responso. “Vostro padre -disse il sovrano- è l’albero che vi ha prodotto. E’ stato Pacione di nome e di fatto. Ha lavorato per tuttala vita in un perimetro di terra e merita la giusta ricompensa”. Accanto alla giovane donna, Pacione, come per magia,  tornò fresco e tosto. Il suo buon cuore fu inondato di felicità.



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