 Il dialogo con gli attori del Festival di Benevento è seminato di messaggi e riflessioni. Confessioni sul cinema, la vita, il futuro. Tante soddisfazioni, ma anche tante fatiche dietro il loro mestiere. Abbiamo saputo, ad esempio, che Ornella Muti non si è mai sentita bella e che è timida. “Io sex simbol? Che palle!”. Ribatte con fastidio. Quando il giornalista Alessio Viola le chiede se voglia lanciare un messaggio a Benevento, risponde: “Non farmi dire cose banali. Sicuramente Pace”.
L’attrice, che ha cominciato la carriera a14 anni con “La moglie più bella”, pensava, dopo quel film, di ritornare a scuola ed invece arriva il successo con “Romanzo Popolare”, diventa un’icona cinematografica, per i memorabili ruoli, interpretati accanto ad Adriano Celentano, a Carlo Verdone e tanti altri famosi attori, anche internazionali. “Ho cercato -rileva- di essere sempre me stessa. Tenere un po’ di riservatezza non fa male. Odio i monologhi. Mi piacciono le Streghe e Vasco. Seguo le serie fantasy”.
Per questo la storia di Benevento l’affascina. Colpito dalla città si è mostrato anche Piero Chiambretti. “Qui mi sembra di stare in Svizzera - esulta- tipo Lugano, solo che vedo troppi negozi chiusi”. Un paragone esagerato, dal sapore goliardico, com’è nel suo stile, che gli ha attirato molti commenti sarcastici. “Togliete il vino a Chiambretti”, ha scritto qualcuno su facebook. Il conduttore torinese, intervistato da Francesca Pascale, non lesina giudizi taglienti su politica e informazione.
“Noi della tv e chi fa comunicazione -fa notare- siamo terrorizzati di sbagliare un aggettivo, una parola, un verbo, mentre quelli che dovrebbero dare il buon esempio, cioè i grandi della terra, come Putin, Trump e Netanyahu, dicono cose volgari, violente e cattive, e nessuno si scandalizza. Per loro non esiste il politicamente corretto. Il miglioramento tecnologico ha impoverito tutto il resto. Vedo più volgarità in un Tg e in Parlamento. La Tv è lo specchio rotto della realtà”.
Il suo programma “Donne sull’orlo di una crisi di nervi” non figura nei palinsesti Rai della prossima stagione e Chiambretti non nasconde una certa delusione. “Mi hanno promesso -fa sapere- che se non ci sarò in autunno, mi recupereranno a primavera. C’è speranza? Certo, ho messo la giacca verde. A Mediaset comanda la pubblicità, alla Rai la politica. Vorrei rimanere alla Rai, che rappresenta lo Stato, ed io sono un servitore dello Stato. Un consiglio ai giovani? Coltivate la passione per qualcosa. Viva la Passione”.
L’incontro con Marco Giallini è caratterizzato da naturalezza e ruvidezza. L’attore romano, figlio di operai, sognava di fare il cinema, perché il padre lo portava spesso a Cinecittà. “Vedi -gli diceva- loro stanno là e noi de qua”. “Perché quelli c’hanno più core di me?-pensava- Perché non ce posso provà? Con “Romanzo Criminale” arrivò il successo. Se ne rese conto, quando vide la maglietta con la sua faccia, indossata da un coatto su uno scooterone. “Ad un certo punto -racconta- se la tolse e me la regalò”.
Nelle parole di Giallini c’è un po’ di nostalgia per un mondo che va scomparendo. Si commuove ricordando il regista Ettore Scola. “I bar li hanno chiusi -afferma- le edicole le stanno chiudendo. Non è una cosa terribile? Com’era bello l’odore della carta. Sono un po’ stronzo lo so, ma anche bello e bono. Leggo richieste sui social: “Vuoi essere mio amico? Ma chi sei?”. Il direttore Antonio Frascadore, gli consegna il premio alla carriera. “Ho avuto tre Nastri d’Argento -conclude- a 70 anni forse mi daranno il Donatello”.


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