|  Un gioco di luci e lampi, come i fili di una tela, e sul lato sinistro del palco l’immagine di un grande ragno. La band irrompe con i ritmi scatenanti di “Charlie Big Potato”, addolciti dalla voce melodica di Skin, che strada facendo diventa un urlo verso il cielo. Con questo trionfo di suoni parte il concerto degli “Skunk Anansie” nell’Arena Musa di Benevento, per la rassegna BCT Music, diretta da Antonio Frascadore, che, dopo il Festival del Cinema e della Televisione, vuole offrire una nuova vetrina alla città.
La band britannica alterna i vecchi successi con i brani dell’ultimo album, “The Panful Truth”. L’entusiasmo è alle stelle. Ci sono tanti giovani, genitori coi bambini sulle spalle, gente di mezz’età. La musica ammalia e trascina. Il gruppo, composto dalla cantante Skin, dal batterista Mark Richardson, da Ace alla chitarra e Cass Lewis al basso, sprigiona tutta la sua energia, passando da “Because of You” a “I Believed in You”, da “Secretly” a “I Can Dream”, spargendo messaggi d’amore e libertà.
L’ammirazione per Skin si legge nei commenti della gente. “Come fa questa cantante -rileva un’appassionata fan- ad avere una voce così potente a quasi sessant’anni? Siamo colpiti dalla sua vitalità espressiva e fisica”. Il suo vero nome è Deborah Anne Dyer, dichiaratamente bisessuale. Ha manifestato sempre liberamente le sue idee, impegnandosi contro il razzismo e per i diritti civili. Il nome del gruppo unisce Skunk, che significa puzzola, ad Anansie, relativo al mito giamaicano del dio ragno.
Il concerto di Benevento è l’unico del Sud Italia. Con la reunion, avvenuta nel 2009, dopo che si era sciolta otto anni prima, la band ha ritrovato nuova grinta e rabbia. “Ho provato le emozioni che mi aspettavo -osserva una ragazza all’uscita- è la prima volta che ascolto dal vivo un gruppo internazionale”. “Non mi interessa -disse una volta Skin- se siamo stati grandi negli anni novanta. Se ti adagi sugli allori, appassisci e muori artisticamente, musicalmente e mentalmente. E finanziariamente”. La nuova stagione è cominciata. La tappa al Musa è davvero storica.
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