|  C’era una volta l’Unione Donne Italiane anche a Benevento. Fu organizzata da una piccola, ma agguerrita pattuglia di femministe, convinte e coraggiose, che diedero un forte scossone alla placida e un po’ bigotta realtà locale, ancora molto influenzata dal lungo periodo papalino. Le loro testimonianze, raccolte in un lavoro della regista Linda Ocone, intitolato “L’8 tutto l’anno”, sono state presentate in un incontro molto partecipato presso la libreria Barbarossa, promosso dall’associazione “Culture e Letture”.
Le protagoniste hanno continuato il racconto delle lotte degli anni settanta, che portarono alla conquista dei consultori, degli asili nido, delle leggi sul divorzio e sull’aborto. “Siamo partite -osserva Anita Biondi, una delle fondatrici dell’Udi- dai bisogni reali delle donne. Aprimmo una sede in Piazza San Bartolomeo, al centro della città. Io ero segretaria di Azione Francescana, ma mi resi conto che per aiutare i poveri, non bastava pregare. Per questo la scelta di aderire al Partito Comunista Italiano fu quasi naturale”.
La sede beneventana dell’Udi diventò un punto di riferimento per tante donne. “Io avevo già due figli –ricorda Grazia Ocone, un’altra attivista- insegnavo in una scuola media del Rione Libertà. Abbiamo parlato con tante donne del quartiere, che ci raccontavano le loro storie, anche di aborti fatti sul tavolo della cucina. Era davvero complicato parlare con loro della 194. Ci ritenevano abortiste, ma non lo eravamo. C’era tanto da lavorare per diffondere la conoscenza dei diritti e questo fu il nostro obiettivo”.
La storia locale s’inquadra ovviamente in quella nazionale. A questa ha provveduto Ornella Verrusio, che ha ripercorso la combattiva vicenda dell’Udi , nata dopo la guerra partigiana, grazie a donne come Marisa Rodano e Nilde Iotti. Lo spaccato beneventano è stato arricchito anche dalle testimonianze di Angela Travaglione, Marisa Micco e Norma Pedicini, coordinate da Elide Apice di “Culture e Letture”. Quella storia sarà raccontata in altri appuntamenti, per la città e soprattutto per le nuove generazioni.
Quando il movimento conquistò l’apertura di un consultorio finì sulla stampa nazionale. Con grande sorpresa anche dei partiti di sinistra. “Siamo riuscite -racconta Biondi- a firmare un contratto per tre consultori. Oggi ce n’è uno solo. Da consigliera comunale del Pci ho denunciato un medico, che praticava l’aborto in privato a pagamento e poi si dichiarava obiettore in ospedale. Quelle lotte erano possibili perché avevano una giusta motivazione. La politica vive solo se incontra i bisogni delle persone”.

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