|  Gli emigranti di Montefalcone di Val Fortore erano pronti a partire per l’America dal porto di Napoli, dove erano arrivati col treno. “Sulla banchina un brusio di voci, mani che sventolavano fazzoletti, persone che inviavano baci da lontano, lacrime che bagnavano il volto di chi vedeva partire gli affetti più cari. Il piroscafo non era altro che un gigantesco “mostro”. Iniziava il viaggio della speranza”. Così Marcello Zeppa immagina i suoi compaesani, che stanno per imbarcarsi in cerca di fortuna e di riscatto.
La loro storia viene raccontata nel libro “Montefalcone di Val Fortore. L’emigrazione di fine ‘800. Gibilterra e il naufragio del 17 marzo 1891”, pubblicato per le Edizioni “Scripta Manent” di Morcone. Una vicenda dimenticata, che l’autore riporta a galla con delicatezza. “C’era una fitta nebbia -scrive Zeppa- accompagnata da raffiche di vento che agitavano il mare. Il Capitano del piroscafo tentò di entrare nel porto. Queste condizioni causarono la collisione con la nave militare inglese Anson”.
Siamo a Gibilterra. Il naufragio avvenne in meno di trenta minuti, dalle 18,20 alle 18,45. Il nome dell’imbarcazione era “Utopia”. Mai nome fu più emblematico per un sogno spezzato. La sua fiancata subì uno squarcio di ben 10 metri. Da Montefalcone partirono in sedici e se ne salvarono solo quattro. Quella “nave della speranza” portava più di 800 persone e ne morirono 540. In quegli anni convulsi di fine '800, per i meridionali poveri c’era solo da scegliere se diventare briganti o emigranti.
La ricerca di Zeppa è ricca di foto e documenti, ricostruisce con cura il quadro storico e sociale della tragedia, svela i meccanismi spietati dell’emigrazione, messi in atto dagli Agenti, dai “padroni”, dai “boss” e dai “banchisti”. C’è un capitolo che s’intitola così: “Se fossero riusciti a sbarcare a New York, come sarebbe stata la loro nuova vita?”. “Delle sedici persone che avevano deciso di partire -scrive Luigi Meccariello nella prefazione- l’autore traccia un profilo umano commovente”.
La presentazione è avvenuta presso la Confindustria, a cura degli Amici dei Musei e dei Beni Culturali del Sannio. “Il destino degli emigranti -osserva Giancarlo Vergineo- era imposto dall’immobilismo sociale. I contadini erano trattati come servi della gleba. Le classi dirigenti non si curavano delle condizioni di arretratezza, ma pensavano a conservare i loro privilegi. Tra vent'anni passeremo dal Fortore solitario al Fortore vuoto, per i tanti giovani, che continuano ad andare via, perché l’ascensore sociale è bloccato”. Il paese fortorino è passato dai 3896 abitanti del 1901 ai 1276 di oggi.
IL piroscafo Utopia apparteneva alla Compagnia di Navigazione Inglese “Anchor Line”. Nel cimitero di North Front a Gibilterra furono sepolte 136 vittime del naufragio, di cui cinque di Montefalcone di Val Fortore. Per i responsabili ci fu un processo con lievi pene. Il risarcimento stabilito prevedeva mille lire per ogni vittima e 290 lire per ogni superstite. “Il destino degli emigranti naufraghi e quello dei familiari dei deceduti -conclude Zeppa- fu ancora una volta “amaro”. La giustizia dei tribunali fu una giustizia ingiusta”.


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