Il chitarrista Francesco Natale legge le parole di don Andrea Gallo, che un giorno portò tossici, barboni e prostitute ad uno spettacolo del cantautore genovese. “Dori Ghezzi -scrive il prete- mi aveva riservato 250 posti. Mi presentai con i miei derelitti. Li volevano mandare sul loggione. Ma io li feci accomodare in platea accanto a notai, dame e politici. Erano tutti un po’ preoccupati. Alla fine i miei emarginati erano quelli che durante le canzoni piangevano veramente”. Comincia il viaggio nel mondo di Fabrizio De André.
Un intimistico concerto dialogo, con l’obiettivo di scandagliare “il pensiero, la poetica e le canzoni” del grande cantautore, è andato in scena al Mulino Pacifico di Benevento, grazie al gruppo composto da Natale, che spiega e canta, da Sergio Prozzo al mandolino, Mary Castellano alla voce, e Franco Faraldo alle percussioni. I quattro sembrano menestrelli e cantastorie d’altri tempi. Partono con “La città vecchia”. Mettono in risalto l’attenzione di De André per il sottoproletariato.
Il percorso musicale continua con “La ballata del Michè”, “Geordie”, “La guerra di Piero”. La platea che affolla il teatro accompagna cantando. “Le guerre -evidenzia Natale- le vogliono chi sta in alto, quelli chiusi nelle stanze con maniglie dorate, che fiutano nuovi business. Per De André le donne si dividono in tre categorie: bambine, sante e puttane. Sono destinate al sacrificio della maternità, della prostituzione e della verginità”. Scorrono leggere “Via del Campo”, “La Canzone di Marinella” e “Giovanna D’Arco”.
Tra una canzone e l’altra, il gruppo inserisce pillole culturali sulla formazione giovanile di De André, sugli influssi di Georges Brassens, che gli avrebbe ispirato “Bocca di Rosa”, sui rapporti con Fernanda Pivano e con Nicola Piovani. La scaletta si snoda con “Il pescatore”, “Un giudice”, “Il bombarolo” e “Il suonatore Jones”, dedicato all’Antologia “Spoon River” di Edgar Lee Master. Con i brani vengono ricordati gli album più famosi, da “La Buona Novella” a “Storia di un impiegato” ad "Anime Salve".
Lo spettacolo dura quasi due ore. Dopo una dolce immersione in tematiche sentimentali con “La canzone dell’amore perduto”, con “Hotel Supramonte”, la conclusione è affidata all’allegria di “Don Raffae'” tra gli applausi ritmati del pubblico. I musicisti salutano soddisfatti girandosi. Sulle loro magliette sono stampati alcuni versi emblematici delle canzoni di De André, tra i quali spiccano: “Passerà questa pioggia sottile, come passa il dolore”… Ma dove, dov’è il tuo cuore, ma dove è finito il tuo cuore”.
|