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Il ricordo di Giancarlo Siani, contro le mafie con taccuino e penna - Il fratello Paolo: "I giovani, i politici raccolgano il suo messaggio"
 

mer 03-04-2024 21:42 n.441, a.e.

Il ricordo di Giancarlo Siani, contro le mafie con taccuino e penna

Il fratello Paolo: "I giovani, i politici raccolgano il suo messaggio"


“Qualche anno fa sarebbe stata una cosa fuori dal mondo che un’università accogliesse un incontro sulla criminalità organizzata, dove una persona venisse a parlare di Giancarlo con tanti ragazzi. Perché mio fratello è stato ucciso? Amava raccontare i fatti con professionalità e in maniera semplice, li studiava e li spiegava. Questo dava fastidio ai clan mafiosi. Quando parlò dell’arresto del boss Valentino Gionta, avvenuto a Marano, con tutti i retroscena, allora scattò il suo assassinio”.

Con queste parole accorate Paolo Siani ha ripercorso l’impegno giornalistico di Giancarlo, ucciso a 26 anni  il 23 settembre 1985, per ordine della famiglia Nuvoletta. Il processo si è concluso con la condanna e l’arresto di esecutori e mandanti. Il giovane cronista de “Il Mattino” era corrispondente da Torre Annunziata. La sua storia è stata al centro del convegno su “Legalità e contrasto alle mafie”, abbinato al Corso di formazione per i giornalisti, organizzato dall’ordine professionale con l’Università del Sannio.

“La sua passione -ha continuato Paolo-  cominciò già alla scuola media, dove l’insegnante di italiano creò il giornalino d’istituto e  lo nominò caporedattore. Era un ragazzo semplice. Non era un eroe. Ma sentiva profondamente la sua missione civile. Nel settembre 1984, in un corteo studentesco,  pronunciò questa frase del senatore Gerardo Chiaromonte, allora presidente della Commissione Antimafia in visita a Torre Annunziata: “Se un sindaco o un assessore o un consigliere comunale ha connivenze con le organizzazioni criminali, tanto da essere fatto notorio in città, deve essere messo da parte”.

La sua vicenda ha aperto una riflessione sulle condizioni di lavoro di tanti cronisti di provincia, lontani dalla ribalta nazionale. “Il suo esempio è attuale -ha osservato Ottavio Lucarelli, presidente dell’Odg regionale- siamo in una fase in cui spuntano bavagli alla stampa da tutte le parti. Il lavoro di Giancarlo Siani avveniva sul campo. Come quello di Giuseppe Tallino di “Cronache di Caserta e Napoli” che ha fatto lo scoop sul pentimento di Francesco Schiavone “Sandokan”. Ma nessuno è venuto ad intervistarlo”.

Il rispetto della legalità è connesso all’amore per la verità. Su questo si sono concentrati il rettore Gerardo Canfora, la docente Antonella Tartaglia Polcini e Stefano Orlacchio dell’Associazione Studentesca “Demmis”. L’incontro è stato moderato da Anna Liberatore. “Dobbiamo fare memoria tutti i giorni -ha detto Giovanni Taranto- senza mitizzare nessuno. Ero amico e collega di Giancarlo quando fu ucciso. Era un avventizio. Girava con taccuino e penna, consumando le scarpe. Oggi sarebbe un grande direttore”.

“L’eliminazione di mio fratello -ha concluso Paolo- dimostra quanto fa schifo la mafia. Oggi come allora fare il giornalista, in alcune parti del paese, è pericoloso. La criminalità organizzata si combatte offrendo prospettive ai giovani, facendo capire loro che il male non porta alla felicità, ma alla morte.  Ricordando i nomi delle vittime. Ho proposto di scriverli sulle aule delle università. L’educazione alla legalità comincia dai bambini, dagli asili nido. I giovani e i politici raccolgano il messaggio di Giancarlo”.




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