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Viaggio nelle passioni di Camille Claudel con Noemi Francesca - L'artista francese: "Amavo Auguste Rodin, non sono una puttana"
 

sab 04-05-2024 16:01 n.453, a.e.

Viaggio nelle passioni di Camille Claudel con Noemi Francesca

L'artista francese: "Amavo Auguste Rodin, non sono una puttana"


“Ho sempre preso la creta dai canali da sola. Pur di partorire le mie opere, sarei capace di sciogliere il marmo con le lacrime. L’arte mi costringe a fare l’amore con le montagne. Amavo Rodin. Non sono una puttana”. Con queste parole dolci e forti, Camille Claudel, artista francese un po’ dimenticata, squaderna il suo tormento artistico e sentimentale. La sua storia è stata portata in scena dall’attrice Noemi Francesca al Mulino Pacifico di Benevento, per  la regia di Rosaria Corcione, su testi di Enrico Manzo.

Il racconto di “Camille-Viaggio nell’anima” si svolge in un atelier, tra volti di donne dipinti alle pareti, dialoghi con la madre, il fratello, Auguste Rodin, il grande scultore allora in voga.La sua arte si ispira alla natura, coglie “gente per strada”, “paesani vestiti a festa su un carro”. L’interpretazione di Noemi Francesca, beneventana di scuola Solot, è calda e prorompente. Nelle sue parole scorre con intensa fisicità il calvario di Camille, illusa, tradita e abbandonata. Parla con le voci di Lino Musella e Giacinto Palmieri.

La ribellione dell’artista è rivolta alla madre, che non ha mai creduto in lei, alle maldicenze volgari, a quelli che non hanno compreso il suo talento, formatosi nella terra e nell’argilla, a Rodin, che non ha capito il suo amore sincero. “Siete tutti vassalli, schifosi, burattini -griderà sulla scena- io sono sola, nessuno somiglia a me. Io non sono una pazza, sono un’artista. Avevo una madre, un fratello, un amante. Ora vivo come i gatti, che piangono senza farlo vedere, come i matti, che hanno sempre la stessa espressione”.

L’artista cerca l’amore. L’attrice s'immerge nella scenografia di Rosaria Corcione. Quando affonda nella solitudine, si dispera, strappa le opere, ma trova anche nuova linfa visionaria. “Sembra che esca di notte -dirà- da una finestra della mia torre, aggrappata ad un ombrello rosa, col quale scendo sulla foresta”. La sua vita fu segnata dall’esperienza del manicomio. Sullo fondo, però, si intravede un’ancora di salvezza. Si canta “La zattera” di Giuseppe Voltarelli. “Non lasciarmi mai, non mi deludere, sarò con te nel mare libero”.





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