 La storia di due giovani soldati , mandati a combattere nell’estate del 1940, che scelgono di diventare partigiani, col sogno e la speranza di liberare l’Italia, è al centro dello spettacolo “Diario di Guerra”, portato in scena dagli attori Maurizio Tomaciello e Vincenzo De Matteo, nell’Auditorium della Spina Verde al Rione Libertà, per iniziativa dell’Associazione Tecla, nell’ambito del programma promosso dall’Anpi di Benevento. Il testo porta la firma di Alda Parella e Linda Ocone, che cura anche la regia.
La vicenda prende le mosse dall’Armistizio dell’Otto Settembre. C’è la voce del maresciallo Badoglio, che ordina all’esercito italiano di lasciare i tedeschi e passare con gli alleati anglo-americani. La confusione regna sovrana. Chi non accetta di arruolarsi coi nazisti viene spedito nei campi di prigionia in Germania. Questa la sorte che tocca ai due protagonisti, Carlo e Armando, che non vogliono combattere per la Repubblica Sociale. Quella dura esperienza li spinge a fuggire per salvarsi.
“In quel campo -racconta Armando, che appunta tutto su un diario- si era perso ogni senso umano. Si veniva fucilati per poco. Un ragazzo, Agostino di Benevento, fu ucciso solo per aver rubato un salame”. La strada del ritorno è segnata dalla fame e dalla paura. I due amici si nascondono in una capanna, si nutrono di frutta rubata e farina di piselli. “Con la fame -aggiunge Carlo con ironia- il pane duro diventa friabile”. Il dialogo tra i due amici è incalzante, fa toccare con mano l’angoscia e il tormento che stanno vivendo.
Nei panni di Carlo c’è Maurizio Tomaciello, mentre la parte di Armando è interpretata da Vincenzo De Matteo. I due attori riescono a dare la giusta drammaticità e gestualità al racconto. Il dolore e la rabbia esplodono quando arriva la notizia della morte di Lorenzo di Nocera Inferiore e di Ada, sorella di Carlo. Le parole sono accompagnate da immagini di partigiani sui monti che vanno all’assalto con bombe contro fascisti e nazisti. Una scenografia che rende ancora più efficace il messaggio.
La tristezza per la morte di Armando è resa più dolce dalla coraggiosa scelta. “Ora è tempo di un progetto – annuncia Carlo - siamo patrioti e partigiani, abbiamo scelto la parte giusta della storia. Io e Armando fummo chiamati alle armi nell’agosto del 1940. Io feci venire Ada a combattere. La sua morte è colpa mia. Sono qui per raccontare e ricordare i compagni caduti. Caro Carlo, prometto di portarti a casa, nella tua terra". Nel grande buio si accende una luce, un futuro di libertà e il fiore del partigiano.

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